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Articolo La Misericordia del Risorto

La Misericordia del Risorto

Il giorno di Pasqua dura otto giornate solari, l’Ottava di Pasqua. La gioia della Pasqua come quella del Natale non può limitarsi a 24 ore! La conclusione dell’Ottava di Pasqua è chiamata in vari modi: la seconda Domenica di Pasqua, la Domenica in albis (in riferimento ai neo battezzati) e da qualche anno la Festa della Divina Misericordia. Quest’ultimo titolo è stato fortemente voluto dal papa san Giovanni Paolo II per ottemperare alle richieste che Gesù stesso avrebbe fatto tramite santa Faustina Kowalska, grande mistica del ‘900. Ci sono tante bellissime motivazioni per cui è tremendamente opportuno festeggiare la Misericordia di Dio per gli uomini, a conclusione del grande giorno di Pasqua: la Passione e la Risurrezione di Gesù sono la garanzia della nostra Speranza e la chiave del Paradiso, se Cristo non fosse morto e risorto non ci sarebbe via di salvezza e i cristiani sarebbero più disgraziati di tutti gli altri (cfr. 1Cor 15). La Misericordia di Dio per noi è principalmente aprirci la strada della salvezza eterna. Ma la Misericordia di Dio è molto ancora (Gesù rivelò a santa Faustina che neanche riflettendo su di essa per tutta l’eternità l’avrebbe mai compresa del tutto! cfr. Diario, n.699) e può esprimersi anche in quel modo straordinariamente dolce e potente che ha Dio nello “scrivere dritto sulle nostre righe storte”.

Nella seconda Domenica di Pasqua infatti la Chiesa ci propone il vangelo dell’incredulità di Tommaso, o meglio, della sua iniziale incredulità ma anche della sua famosissima professione di fede finale, “mio Signore e mio Dio”. E’ davvero significativo che Gesù si faccia incontrare dalla comunità degli apostoli sempre l’ottavo giorno, il giorno nuovo che prima non c’era, il giorno dopo il sabato, quel giorno che è appunto il Suo (il termine Domenica viene da Dies Domini), ed è davvero singolare che dia una straordinaria seconda occasione a Tommaso che era assente ed è incredulo. Diceva san Gregorio Magno che l’iniziale incredulità di Tommaso ci è stata addirittura più utile della pronta fede degli altri, e in effetti ci ha lasciato un regalo che è degno della Misericordia di Dio. Gesù infatti promette una beatitudine a chi avrebbe avuto la stessa fede di Tommaso anche senza vedere ciò che l’apostolo vide: “tu hai creduto” attesta solennemente Gesù a Tommaso che aveva pronunciato il suo “mio Signore e mio Dio”, “beati quelli che pur non avendo visto crederanno” ovvero chiunque saprà riconoscere di fronte a il proprio Signore e Dio anche senza poterlo vedere o toccare. C’è un modo semplice e perfetto in cui possiamo vivere anche nel nostro tempo questa promessa divina che un santo papa, san Pio X, mise nero su bianco circa un secolo fa: ogni volta che di fronte all’ostia consacrata durante la santa Messa si pronuncia nel proprio cuore la stessa frase di san Tommaso “mio Signore e mio Dio” si guadagna una speciale indulgenza. Ovvero, ogni volta che riconosciamo che, per quanto sia piccolo il contesto della Messa a cui assistiamo, noi stiamo vivendo un vero incontro con lo stesso Risorto che ha incontrato san Tommaso in quella mattina di duemila anni fa, noi siamo beati. Ma la perfezione di questo miracolo di Misericordia è che si può dire lo stesso mistero anche ribaltando gli elementi: beati coloro che sapranno riconoscere di essere parte dello stesso privilegio degli apostoli, poter incontrare e fare comunione con il Risorto anche a venti secoli di distanza!

La lunga giornata di Pasqua, che oggi finisce e lascia lo spazio al tempo di Pasqua in preparazione della Pentecoste, ci ha insegnato che la Misericordia di Dio si esprime pienamente anche nel fatto che Dio non si è limitato a donarci un evento fermo nella storia dell’umanità, che al limite possiamo ricordare e festeggiare, ma ci dona il privilegio di poter rivivere e celebrare costantemente un incontro personale con l’uomo-Dio, trasfigurato nella sua umanità e libero dai vicoli dello spazio e del tempo. Un uomo che è anche Dio, capace di esser presente in carne e sangue nel più alto dei cieli e contemporaneamente in tutti gli altari e i Tabernacoli della terra tutti i giorni della vita del mondo, che ha operato tutta la storia della salvezza, comprensiva della sua umiliazione e sofferenza, per entrare in comunione con noi. Di fronte a tanto amore sarebbe tragico non saper dire “mio Signore e mio Dio”!

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